‹Si conoscono?›
Carol disse coi nervi a fior di pelle «Conosci questa stronza che mi ha colpito?!»
«Oh, andiamo.» disse con nonchalance «Ho chiesto scusa.»
Prima che potesse scoppiare una rissa mi misi fra loro.
«Aron Jhones.» disse il mio nome «Mi aspettavo che fossi...» non terminò.
«Come?»
«Più alto, forse.» rispose piegando il viso.
Chi diavolo era questa quà adesso?
Nicolas «Tu eri morta.»
«No.» alzò l'indice e negò «Tu, mi avresti voluto morta.»
«Come...»
«Come faccio a saperlo?» disse Sofia «Perchè io non ero una detenuta.»
‹Perchè io non so niente di tutta questa storia?!›
Nicolas, sembrò avere un "risveglio mentale". Lo capiì da quel che passò per i suoi occhi.
Nicolas Kepler (POV'S)
«Tu eri un'infiltrata.»
Sorrise «Esatto.»
Il mio cervello stava andando in tilt.
Sofia «Ah, e, sono stata io ad aver lanciato quell'areoplanino.» disse ad un tratto.
Stava parlando del biglietto che avevo trovato e poi perso? A causa di quello, Claus, mi aveva buttato fuori dai piani. -Strinsi i pugni- ‹Che vipera.›
«Che cosa facevi dentro a quel carcere?» le chiese Aron.
«Indagini sul posto.» rispose «Era stata aperta un'inchiesta di un certo calibro su quella struttura. Sulle sue metodologie. E sui suoi teorici esperimenti.»
‹Esperimenti?›
Guardai Aron, ora teso. Era la verità? Non fui in grado di capacitarmene. Lui non mi aveva mai raccontato niente, e da ciò che gli lessi addosso, forse ne compresi il motivo.
Lei continuò «Dovevo indagare non solo su questo, ma anche suoi suoi "topolini".»
Parlava di Aron? E di chi altro?
«Come la nostra Taylor, ad esempio.»
E quel nome esplose nell'aria. Il mio compagno, quà affianco, reagì senza volerlo. Aveva sussultato. In lui quel nome rievocava ricordi ed emozioni spiacevoli, conoscevo bene la storia, e da diversi punti di vista. Sapevo a grandi linee tutta la faccenda, tranne per quel "dettaglio", che ne fosse stato sottoposto anche Aron. Non quello. Il resto sì. Ma non quello.
«Peccato che io sia incappata in una vecchia faida e che uno dei due avesse ordinato a questo idiota» mi indicò «di farmi fuori.»
-Sorrisi, da falso innocente qual'ero- ‹Lei l'aveva saputo.› «E quindi, hai pensato bene di "morire" per scappare da tutto quanto. Giusto?»
«Precisamente!» schioccò le dita.
«Peccato che io non mi spieghi una cosa.» dissi.
Lei «Mh?»
«Perchè ti sei voluta mettere in mezzo a quella faida?»
E da ciò che lessi sul suo viso, fu proprio questa la domanda da un milione di dollari.
«Sono una persona piuttosto vendicativa.» -Quasi mi cadde la mascella- ‹C-che?!› «Chi pensa di potermi uccidere ne paga le conseguenze.» era davvero questa la ragione?
Questa tizia era davvero matta.
Carol, dopo tempo immemore, aprì bocca «Non ne fai più parte.»
-La guardammo- ‹Che sta dicendo?›
Sofia inarcò un angolo della bocca «Cioè bella bionda?»
«Se ci stai raccontando tutto questo vuol dire che non fai più parte di alcuna organizzazione di spionaggio. Perchè a quest'ora saresti una condannata a morte avendo infranto un codice d'onore che ti obbligano a rispettare pure sotto tortura.»
Come avevamo fatto a non pensarci prima?
«Tu ci stavi seguendo. E se non sei più una spia, chi è a mandarti? Di cosa fai parte adesso?»
Intravidi una certa luce nello sguardo della ragazza che ci stava davanti «Tu eri una poliziotta.» ‹Che cosa?!› -scattai con lo sguardo su Carol.- «Ecco perchè sei così brava a capire con cosa hai a che fare davanti a te.»
Il silenzio che si formò fu tombale.
‹Ma certo! Come ho fatto fino ad ora a non pensarci?› -quasi mi volli tirare una manata in fronte.-
Poi ad un tratto volli domandare «Sofia, come hai fatto a fingere la tua morte?»
«Ti basta sapere che avevo buone conoscenze?» incrociò le braccia fra loro «A quanto pare no.» si rispose da sola «Eravamo in tre.» ‹In tre?!› -la sua confessione mi spiazzò.- «Abbiamo poi corrotto un paio di uomini intimandoli ad azionare l'antinciendio per far entrare un manichino dopo averli per l'appunto distratti, perfettamente uguale a me, e per piazzarlo nella mia cella verso l'01:30 del mattino. Io sono uscita prima da quest'ultima e sotto stretta segretezza mi hanno fatta fuggire.» ‹E il direttore non ha saputo niente?› -mi dovetti chiedere.- «Non starò quì a spiegare come, quando, e tramite chi. Alla breve è andata così.» gesticolò.
«Come hai fatto col direttore?»
«Un paio di "distrazioni" ed il dado era tratto. Doveva occuparsi delle pratiche riguardanti il mio finto cadavere ed è stato tenuto impegnato.»
Tutto questo sotto al suo naso? Non potevo crederci. Quasi mi venne da ridere, sembrava essere sempre stato onnipotente ed un passo avanti a tutti, ma a quanto pare così non era.
Carol «Non hai ancora risposto.» tornò all'attacco.
«Calmati ex sbirra, che fretta c'è?»
«Stai giocando.» fu Aron a parlare «Stai prendendo tempo.»
Sofia rispose tranquilla, con una semplice alzata di spalle «No.»
«No?»
«Non ne ho motivo.» e sembrò la verità.
Carol la raggiunse andandole muso a muso «Chi ti manda?»
«Siete curiosi, èh?»
«Chi-ti-manda.» le ringhiò contro.
Lei se la rise «Una persona a cui state molto a cuore.» e quando lo disse, guardò Aron.
E lui domandò «Cosa intendi?!»
«Vi dirò questo: una persona che non vuole essere trovata, non viene trovata.»
‹Sta parlando di Claus.› -e ne fui certo.-
Sofia fece un balzo all'indietro. Prima che potessimo raggiungerla, o ancor meglio circondarla, tirò fuori dalla tasca un aggeggio rotondo.
Aron «Ferma!»
Quando lo lanciò a terra una coltre di fumo ci fece lacrimare gli occhi.
«Il re del crimine vi manda i suoi saluti!»
‹Il re del crimine?›
Nel mentre che il fumo si disperdeva chiesi «Stava parlando di–..» «Non lo so cazzo!» calciò l'aria.
Poi, come un fulmine, si voltò verso la nostra bionda dall'incognito passato.
«Tu» la puntò col dito «dovrai spiegarci un paio di cose.»
E già sapevo che la serata sarebbe stata bella lunga.
Ci diressimo verso la mia auto non avendo più motivi di stare quà. Tirai fuori le chiavi e la apriì, Carol si sedette affianco a me. Prima che però potessi accenderla una delle portiere posteriori venne aperta. Aron salì nella mia macchina.
Lo guardai con un cipiglio «E la tua super auto scusa?»
«La lascio quà.»
‹Come?!› «Ma vorrai scherza–..» «Parti.» tuonò.
E con la lacrime quasi agli occhi misi la prima per poi uscire da quì abbandonando per sempre quella dea d'una macchina.
Carol Watson (POV'S)
23:50
Era dannatamente tardi ed io avevo una voglia stratosferica di andare a letto.
Quando apriì la porta della mia stanza fui fermata.
«Ci vediamo fra due minuti in salotto.» disse Aron con un tono che non ammetteva repliche.
Entrai poi in camera. ‹Domani avrò delle occhiaie pazzesche.› -mi misi a pensare quando passai davanti allo specchio.-
Due minuti esatti dopo, eravamo tutti e tre riuniti nella grande stanza.
«Quando ti chiesi per quale motivo volevi entrare nel team, mi risposi solo che avevi dei conti in sospeso con mio fratello, e che lo volevi trovare.» cominciò a parlare «Quindi a meno che tu ora non voglia essere fatta fuori ti conviene parlare.»
‹Non l'ho mai visto così.› -mi misi a pensare.- Avevo sempre visto Aron sotto diversi punti di vista, ma mai come il capo che minacciava il suo sottoposto.
Sospirai rumorosamente «Ognuno quà ha un passato che non vorrebbe tirare fuo–..» «Ma tu devi.» ‹Prego?› «Io mi sono voluto fidare di te.»
Mi adirai istantaneamente «Fino ad ora ho fatto il mio dannato lavoro alla perfezione e adesso solo perchè non sapevi che facevo parte della polizia viene tutto messo in dubbio?!»
«Sì, Carol, se non so con chi sto lavorando.» rispose a tono.
‹Glielo devi dire, lo sai.› -fu dalla sua parte.›
Ribattei ancora «Non eri tenuto a sape–..» «E invece sì!» batté la mano sul tavolo provocando un suono sordo.
Nicolas «Aron...»
«No.» tuonò «Non provare a dirmi di dovermi calmare.»
«Dico solo che ci sarà un motivo.»
«Non me ne frega un cazzo del motivo.» ‹Oh, certamente.› -mi scappò una risata sommessa.- «Lo trovi divertente?!» scattò di nuovo con lo sguardo su di me.
«Trovo divertente come tu possa pensare che ti sia tutto dovuto solo perchè sei tu che comandi.» gli sputai dritto in faccia quel che pensavo.
Potei quasi vedere uscire del fumo dalle sue orecchie, e la cosa, mi divertiì abbastanza «Sta' bene attenta a come parli.» puntò un dito in aria proprio davanti a sé.
‹Mi sta facendo incazzare.›
Come lui aveva un caratteraccio, anche il mio non era da meno.
Mi erano sempre stati poco simpatici certi suoi modi. Non amavo i comandi e le impartizioni ma ero sempre stata abbastanza intelligente da capire quale fosse il mio posto. Dove c'era rispetto, io davo rispetto. Ma in questo momento mi sentivo come una bambina che stava venendo sgridata dal genitore per una cosa in cui infondo non aveva sbagliato, perchè sua, e di nessun altro.
E fu questo, a farmi incazzare.
Ad un tratto si alzò e si accese una sigaretta proprio nel salotto, cosa che io non sopportavo.
«Devi fumare proprio quì?» prima che potessi scatenare una guerra fatta di divani e di sedie che volavano, chi c'era seduto affianco a me mi precedette, e lo ringraziai col pensiero.
Il ragazzone da 1.90 fece un verso frustrato ed andò ad aprire la finestra. ‹Grazie a Dio.› -commentai nella mia testa.-
«Carol.» fu Nicolas a parlare «Perchè non ce ne hai mai parlato prima?»
Ecco, questi erano i modi che a me piacevano e coi quali avrei potuto accettare conseguentemente di spiegare.
«È successo un anno e mezzo fa.» cominciai a dire «E–..» ma mi bloccai.
Un grosso groppo mi si formò in gola.
‹Stai calma.› -mi dissi- ‹Respira.› -e respirai- ‹Respira, fai con calma, senza fretta.›
Nicolas mise la sua mano sulla mia.
«Dopo il passaggio del tornado Still in Italia ci furono molti disastri. Ci avevano già detto che alcuni sarebbero dovuti partire per fornire supporto. Case, edifici, palazzi e strutture avevano subito danni e in particolare un paio di carceri. Il vostro fu quello messo peggio, era tutto andato distrutto, quasi tutti erano fuggiti.» presi una pausa «Siamo partiti in tre gruppi. Ognuno aveva una mansione. A noi avevano dato il compito di aiutare con la cattura dei fuggitivi essendo in molti, ed alcuni di questi, erano pure particolarmente conosciuti.»
Nic disse «Come i Jhones.»
«Come i Jhones.» confermai.
Diedi un'occhiata veloce ad Aron.
Mi misi a giocare con le dita, non sapendo come continuare. Stavo per arrivare al punto.
‹Puoi farcela.› -mi incoraggiò.- Buttai fuori l'ossigeno trattenuto.
«Zakaria–..»
Il suo nome punse la mia gola e graffiò i miei timpani. E con un'atroce delicatezza, mi strappò via un battito del cuore.
«Il mio ragazzo» e mi tirai via il secondo battito «era particolarmente bravo a scovare gli indizi.» ‹E, Dio, se era bravo.› «Era un vero Sherlock.» mi venne da sorridere in modo amaro «Se sono così capace è grazie a lui.»
Ci fu silenzio. E fece male.
Era quel tipico silenzio che susseguiva una morte, quello basato sul rispetto della dolorosa perdita. Ma io non volevo questo. Io volevo che venisse spaccato. E 'fanculo il rispetto. Perchè non c'era giorno che non passassi a rispettare la sua morte in atroci notti senza rumori e senza lune.
«Forse...» Nicolas prese parola «Sarebbe meglio rimandare a domani.»
Aron si alzò «Lo penso anch'io.»
«No!» finiì per gridare. ‹No.›
Mi ritrovai in piedi senza volerlo.
«Se ne parla adesso.» masticai fra i denti «E domani questa conversazione non sarà mai esistita.»
Stavo tremando. Tutto, di me, tremò.
‹Non-crollare.› -parlai a me stessa- ‹Carol è forte. Carol non crolla. Carol non piange. Carol soffre solo da sola. Carol soffre al buio.› -continuai a ripetermi come un mantra- ‹Carol permette al suo cuore di tremare quando nessuno può toccarlo. Carol permette alla sua anima di soffrire quando nessuno può guardarla.›
Un rivolo di sangue macchiò la moquette, mi accorsi solo dopo che provenì dal palmo della mia mano, per quando ci avessi conficcato le unghie.
Mi risedetti.
«Seguimmo la pista del suo grande intuito. Ma quando lo scovammo, ci trovammo davanti ad un Claus armato.» e non ebbi bisogno di continuare.
Tornai a guardarli in faccia.
«Dopo l'accaduto me ne tornai a casa e diedi le dimissioni. Iniziai da sola a cercarti, ci misi tempo, ma alla fine riusciì a trovarti.» parlai a lui, lo guardai in faccia «Tu eri l'unica possibilità che avevo di scovarlo. Perchè sapevo con certezza che mai mi avrebbero dato la mano che cercavo, ed io, non volevo averlo solo le sbarre. Ma tra le mani.»
«Così hai deciso di intraprendere la via che hai sempre combattuto.»
Incrociai le braccia al petto e mi appoggiai con la schiena.
«Sì.»
Aron si alzò in piedi.
«È ora di andare a dormire. Domani ci aspetta una lunga giornata.» se ne usciì così tutto ad un tratto, non guardandomi neanche in faccia «Meeting alle 10:30.»
Anziché avercela con lui per il poco tatto usato e per aver liquidato il tutto con quella velocità lo ringraziai mentalmente come mai avevo fatto con nessuno fino ad adesso.
Feci per entrare in camera ma una mano si 'poggiò sulla mia spalla.
Me la strinse «Notte, Carol.»
Il sorriso non fece neanche in tempo a nascere che mi si sciolse direttamente sulle labbra. ‹Non per forza. Non stasera.› -dissi fra mé e mé- ‹Da domani Carol, da domani.›
«Buona notte Nic.»
Scivolai fra le lenzuola, mi girai sul fianco e poi chiusi gli occhi per cercare dormire. Come di routine allungai la mano verso il posto accanto al mio che non sarebbe mai più stato riempito da nessuno.
Cercai di addormentarmi il più in fretta possibile, così da poter toccare quell'illusione lancinante, che nonostante facesse male, dava comunque meno gelo.
*bibip bibip bibip*
‹Dannazione...›
*bibip bibip bibip*
‹Sveglia maledetta.›
*bibip bibip bibip*
‹Ma dove cacchio è?!›
*bibip bibip bibip*
Mi alzai già coi nervi a fior di pelle notando che anziché trovarsi a destra del comodino stava a sinistra.
‹È vietato tirare madonne già da appena svegli?›
‹Sì. È vietato.›
«Aaarrgh!» soffoccai il mio verso di frustrazione spiaccicando la faccia nel cuscino.
Cinque minuti dopo fui in salotto.
‹Dove sono?!› -continuai a tamburellare le dita sul tavolo della cucina- Diedi uno sguardo all'orologio sulla parete. Erano già le 10:39, dove diavolo erano quei due?!
Nicolas fu il secondo a varcare la soglia della stanza.
«Ma non dovevamo trovarci in sala?»
Mi stava prendendo in giro?
«Sì.» dissi collerica «Tipo una decina di minuti fa.»
«Buon giorno.» salutò Aron con uno sbadiglio.
«Alla buon'ora.»
«Non mi è suonata la sveglia.»
Era questa la sua scusa?
Aron «Bene, possiamo andare in sa–..» «Eh no!» lo fermai «Adesso io aspetto che il caffè venga su.»
Fecero una smorfia in sincrono «Perchè non usi direttamente la macchinetta?» disse il "boss" mentre ci si avviava.
«Preferisco la moka.»
«Ma si fa prima.»
«Non mi interessa.»
«Si fa comunque prima.»
«Non mi interessa ugualmente.»
Poi puntai lo sguardo sulla figura di Nicolas «Che c'è?!»
«È?»
«So che vuoi dire la tua. Quindi dilla.»
Si grattò la testa «È che è vero che si fa prima.»
‹Perchè devo sempre avere a che fare coi casi umani?!›
Dovetti trattenere ogni mio possibile istinto omicida mattutino.
Quando ebbimo tutti il nostro caffè in mano ci spostammo finalmente in salotto.
«Bene, facciamo il punto.» disse Aron «Non è Claus il contatto di Ivan, me lo ha detto in modo esplicito, quindi...» si rigirò i fogli dei dati che avevo raccolto fra le mani e li lanciò sul tavolo «Chi cazzo è che sta cercando di buttarci fuori?»
«È una bella domanda.» incrociai le braccia al petto e mi grattai il labbro superiore.
*dlin dlon*
«Ma è il citofono?»
Aron «No Nicolas, è il microonde.» gli fece la battuta e si alzò dalla sedia.
Questo «Ah ah! Che ridere.» commentò irritato.
«Sì. 50° piano.»
Fece ritorno da noi l'attimo dopo.
Io chiesi «Chi diavolo è?»
«La parte dell'accordo che più mi sta sul cazzo.»
L'instante dopo un'altra testa bionda fece capolino nel nostro salotto.
«Ciao.» Damon alzò la mano «Sono la parte dell'accordo non consenziente che sta sul cazzo ad Aron.»
Quest'ultimo si stropicciò il viso con entrambe le mani e borbottò qualcosa che però non capì nessuno.
Disse «Vediamo di fare in fretta.»
Damon «Quindi non è Claus.» ripeté, ancora «In pratica voi avete incontrato questa tizia che vi ha fatto intendere che sia lui, ma il contatto più chiaro e vicino a quest'ultimo dice che invece non è lui.»
Aveva fatto il punto, ed ora, non sapevamo che pesci pigliare. Stavo pensando rigorosamente in silenzio.
«Wait!» Nicolas catturò la nostra attenzione «Guarda. L'ultima volta che ha effettuato una chiamata è stato nemmeno una settimana fa.»
-Guardai i fogli che stava puntando- ‹Perchè non me n'ero accorta prima?›
Nicolas ed Aron s'alzarono all'unisono.
«Aioh!»
Si lamentarono. Si erano dati una testata.
‹Ma come faccio a stare insieme a personaggi del genere?!› -pensai mentre loro si lanciarono contro a vicenda delle imprecazioni.-
«Carol.» fui chiamata da Aron «Saresti in grado di risalire al possibile luogo delle chiamate?»
Aron Jhones (POV'S)
«A quello ci posso pensare io.» -Volsi lentamente la testa verso di lui- ‹E questo chi l'ha interpellato?› Damon mi lanciò un'occhiata seriosa «Abbiamo parecchi uomini che sono bravi in campo, non vedo perchè tu debba farle fare tutto da sola. Potrebbero darle un gran supporto.»
«Se–..» m'interruppe «Jhon mi ha espressamente detto di non prendere iniziative ma di essere d'aiuto e di controllare come si svolgono le cose.»
‹Bene. Non è una semplice rottura di palle, ma una rottura che esegue gli ordini impartiti dal padrone.› -e non c'era cosa che sopportavo di meno.-
Carol prese parola «Per me va bene.»
«Non deve andare bene a te.» ‹Non comincia–..› ‹Zitta.› «Ma a me.»
Mi guadagnai una delle occhiataccie più brutte che mi avessero mai lanciato.
Damon «Che cos'è che ti fastidio, esattemente?» ‹La tua presenza. La tua esistenza.› -riposi dentro me stesso.- e prima che potessi commentare sul fatto che fosse quà riprese a parlare «È perchè hai perso?»
Quasi mi cadde la mascella.
«O è perchè sei solo un arrogante che pensa di poter piegare tutti ai suoi piedi come negli anni di Cristo?»
Gli riservai uno sguardo fulminante «Come dici?»
«Mi sembra una domanda base quella che ho fatto, a cui persino un bambino potrebbe rispondere.»
Mi stavo per alzare e per mettergli sul serio le mani addosso.
‹Che si fotta il controllo.›
«Okay cucciolotti con un'indole da alpha, perchè non tirate giù le orecchie e non smettete di mostrare quei canini ancora un po' troppo piccoli per potervi far prendere sul serio?» e chi avrebbe potuto far paragoni simili se non Carol?
Nicolas mise le mani davanti a sé «Vediamo di calmare gli animi.»
«Sì.» fu d'accordo Damon «Dobbiamo lavorare insieme, quindi chiedo scusa.»
‹È educato, sa chiedere scusa, segue gli ordini e sa mantenere la calma.› -fece una lista- ‹Tutto il contrario di te.› -mi scherniì.- Mi dava dannatamente sui nervi.
.CHIAMATA.
Inarcai un sopracciglio e guardai lo schermo del cellulare.
_SCONOSCIUTO_
«Chi è?» domandò Nicolas.
Racattai il telefono che si trovava sul tavolo e mi alzai per rispondere.
«Chi parla?»
«Ciao Aron.» mi salutò l'uomo «Sta andando tutto bene o vi state già scannando?»
Potei intuire chi fosse. Come diamine aveva avuto il mio numero?
Allontanai per un secondo il telefono dall'orecchio «È Borkman.»
Carol «Gli ho dato io il tuo contatto. Me l'aveva chiesto.» mi fece sapere. ‹Ah, ecco, svelato il mistero.› -pensai con irritazione.-
«Hai bisogno di qualcosa?»
«Wow!» esclamò «Come fai ad essere già così di cattivo umore di prima mattina e in una bella giornata come questa?» ‹Forse perchè mi ritrovo attaccato al culo il tuo pupazzetto biondo?› -pensai con una feroce ironia.-
Guardai fuori «Quà ci sono le nuvole. Fra poco pioverà.»
«Ops, be'. Quà invece c'è bel tempo.»
«È per questo che mi hai chiamato?» chiesi col tono di qualcuno a cui non stava facendo piacere la conversazione.
«Ti ho chiamato per sapere se sarai presente alla prossima gara.» ‹Alla prossima gara?› «Ci sarà molta gente interessante e vorrei che ci fossi anche tu.»
«E a quale scopo?»
«Alla fine non hai partecipato alla big race, vero? Come mai?»
Non gli risposi. Cosa gliene poteva fregare?
«Be' mi farebbe piacere se ci fossi pure tu.»
«Non lo so, ti farò sapere.»
«Perfetto. Allora ci si vede presto.»
Senza aspettare che rispondessi chiuse da sé la chiamata.
Mi rivolsi a Damon «Perchè il tuo padrone vuole che ci sia anche io alla prossima gara?»
«Non ne ho idea.» alzò le spalle «E non è il mio padrone.»
«Certo...» sorrisi con finta innocenza.
Quando arrivò l'ora di pranzo la sua presenza fastidiosa se ne dovette finalmente andare.
«Allora ci vediamo giù fra 1h.» disse a Carol.
«Sì.»
Sarebbero stato via qualche giorno a Camargo, nella regione del Chihuahua. Erano lì le conoscenze migliori che aveva Borkman ed era ancora da vedere se ci avrebbero prestato il loro aiuto.
«Stai attenta.» la misi in guardia.
Lei in tutta risposta mi disse «Sono abbastanza grande da badare a me stessa, non preoccuparti.»
Dopo la conversazione che c'era stata la sera prima non potevo fare a meno di vederla sotto un punto di vista completamente diverso.
Ora potei comprendere la ragazza che mi si stagliò davanti, quale fosse o da dove provenisse la tenacia urlante nei suoi occhi, la notte di pioggia in cui la incontrammo.
«Scusa.»
Quelle parole uscirono dalle mie labbra prima che potessi dargli un freno.
Il suo sguardo, confuso, s'imbatté nel mio «Perchè ti stai scusando?»
Negai con la testa «Nulla.» le misi poi una mano sulla spalla «Rimani in guardia, ci vediamo fra un paio di giorni.»
Cinque minuti dopo rimasi in casa con Nicolas.
La sera seguente ci sarebbe stata la gara a cui lo svedese mi aveva intimato di andare, a cui io poi accettai di presenziare da solo.
Partiì all'alba delle 18:00. Non era chissà quanto lontano il posto, si trovava proprio nella regione vicina di Durango, dove io non sarei più dovuto entrare. E sapevo già che avrei avuto delle rogne.
Il telefono squillò.
Senza neanche controllare chi fosse il mittente accettai la chiamata «Sì, mi trovo quì tra la folla.»
«Ti ho visto.»
Alzò un braccio per farsi notare.
Qualcuno mi si parò davanti e mi fece sbattere la parte superiore della schiena contro ad un auto.
‹Ma quale piacere.› -pensai con sarcasmo.- «Ti avevo detto che non ti saresti più dovuto azzardare a varcare questi confini.»
Mi stava stritolando la spalla.
«Hey hey hey.» Jhon fece capolino dietro di lui «Ivan, perchè non lasci andare il mio amico?»
Il russo in questione voltò il capo verso di egli «Il tuo... amico?» analizzò le sue parole «Be',"il tuo amico" mi ha mancato di rispetto e gli avevo intimato chiaramente di non azzardarsi a farsi più vivo quà nel Durango.»
«Non ne ero a conoscenza.» rispose «L'ho invitato io, e si può anche dire, "sotto minaccia". Per questo motivo è quì. Mi deve un paio di favori.» ‹Ma che blatera?›
Ivan non fece una mossa, parve analizzare tutta la situazione.
Jhon si fece poi più serio in volto «Ora lascialo.»
Premette la mia spalla per due secondi contro l'auto e poi mi mollò in malo modo.
«Ti ringrazio.» gli sorrise lo svedese.
Quando se ne andò mi lanciò uno sguardo rammaricato.
Mi misi a posto la giacca «Sotto minaccia è? Ti devo favori...» ripetei le sue parole di prima.
Sventolò una mano per aria «Era l'unico modo per non farti far fuori.»
Mi incamminai dietro di egli, seguendolo.
Mi diede uno sguardo oltre la spalla «Certo che hai un potere speciale nel metterti contro proprio la gente meno indicata.»
«Talento innato. Geloso?»
Se la rise, non rispondendo alla mia battuta.
‹Aspetta un momento...› -la mia attenzione fu catturata da un colore di capelli particolare.- Fu Sofia, chi notai. Che cosa faceva quà? Dovevo raggiungerla. Dovevo parlarci.
«Fra non molto inizieranno le gare! Quest'oggi, a dare il via, ci sarà la nostra Umber! Come on! Un applauso!» molti fischiarono ed iniziarono a battere le mani.
«Forza, vieni, ti presento un paio di–..» ma non ascoltai oltre.
Mi ero già allontanato per inseguire quella tizia che per me era una grande incognita.
‹Ma dov'è?› -mi chiesi- ‹Le ero dietro!›
«Cerchi qualcuno?» sobbalzai ‹Come diavolo ha–..› «Come ho fatto?» precedette il mio pensiero «Ti dovrei forse ricordare in che settore lavoravo prima? Pensi davvero che non mi accorga di un ragazzo di 1.90, tutto tatuato, col passo di un elefante, che mi segue?» mi guardò come se fossi stupido.
«Per chi lavori? Per Cla–..» mise un dito fra di noi, come a zittirmi «Oppe oppe oppe!» piegò la testa di lato «Come sei curioso.»
«Lavori con mio fratello oppure no?!» alzai la voce di un ottava innervosendomi all'istante.
Si mise a braccia conserte, le fuoriuscì uno sbuffo «Che noia. Me l'aveva detto che ti irriti facile.»
«Chi!» ‹Questa quà batte Nicolas, mi sta facendo perdere le staffe in tempo record.› -e dopo aver partorito 'sto pensiero mi innervosiì maggiormente.-
«Te l'ho già detto per chi lavoro.»
«'Il re del crimine'...» pensai a voce troppo alta.
Sofia ghignò «Allora te lo ricordi.»
L'afferrai, intrappolandola in una morsa.
«Non si fa.» mi si avvicinò un po' troppo.
In un attimo fui inginocchiato a terra con lei piegata su di me a tenermi per i gomiti. Come ci era riuscita? Per essermi riuscita a prendere così di sorpresa significava essere scattanti quanto Bolt.
Questa tecnica, non l'avevo mai vista prima, ed io, ne conoscevo a palate. Da quale razza di posto era saltata fuori?
«La prossima volta, sarò meno clemente, Aron Jhones.» strinse di più la presa facendomi male «Vedete di non indagare. Perchè non arriverete da nessuna parte.» ‹Lei come fa a saperlo?› «Abbiamo occhi ed orecchie ovunque.»
Ad un tratto, mi sentiì leggero, senza nulla a trattenermi. Se n'era andata.
Ancora scosso, tirai fuori il telefono dalla tasca posteriore.
.CHIAMATA.
‹Mi deve rispondere.›
«Pro–..» «Non è Claus.» dissi col fiatone, come se avessi appena finito di correre una dannata maratona.
Ci fu un attimo di silenzio dall'altra parte della linea.
«Ma di che parli?» domandò Nicolas, confuso.
«Ne sono certo.» ripetei «Non si tratta di lui.»
«Aspe'! Che intendi di–..» «Non è lui che ci sta cercando di buttare fuori.» cercai di esser più chiaro.
«Sì, questo l'ho inteso...» disse «Ma come fai a dirlo?»
«Perchè non agirebbe così.»
«Cioè?»
«Pensaci.» dissi io.
La risposta non arrivò subito.
«Dobbiamo parlarne faccia a faccia, quando ci sarà anche Carol.» disse in conclusione.
«Ci aggiorniamo.»
Chiusi la telefonata.
.CHIAMATA.
_lo svedese_
Risposi.
«Ma dove sei? Sei sparito!»
Frenai ogni istinto di sbuffare «Ho avuto un contrattempo.»
Jhon sospirò dall'altro capo «Ti aspetto allo stand n° 9.»
Mi attaccò il telefono in faccia.
‹Ma chi me l'ha fatto fare di venire quì?›
9 giorni
C'eravamo tutti. Io, Nicolas e Carol, più Damon.
Quest'ultimo parlò «Siamo giunti a buone conclusioni.»
Ci piazzò sotto al naso dei fogli. ‹Altri dati?›
Erano stati fuori per molto più tempo del previsto, la missione era stata molto più complicata di quello che sarebbe dovuta essere. Ma ce l'avevano fatta.
«Avete una cartina?»
Ripose Nicolas «Sì.» e gliela andò a prendere.
Carol puntò un dito sullo stato dell'Austria.
«La prima chiamata è avvenuta il 7/maggio del 2019. In Austria, per l'appunto. Poi...» lo spostò «È stata fatta da quì. Ai confini della Slovacchia.»
Fu Damon a prendere parola «C'è stato un buco di mesi e mesi, quasi di un intero anno. Né chiamate, né niente.»
«Avranno fatto per via lettera.» disse Carol.
Damon «Sì, sicuro.» concordò il biondo «Perchè poi, è da quì, che è stata fatta una delle ultime telefonate rintracciabili.»
«Dalla Russia?» domandai retoricamente.
«Esatto.» parlò Carol «Quasi 2 anni fa.»
Quell'altro continuò «Peccato che poi le altre siano impossibili da cercare di capire. Avrà usato un telefono monouso, uno di quegli ultimi modelli trasgressivi che girano adesso al mercato nero.»
Nicolas «Quindi?»
«Mentre l'ultima, di 9 mesi fa.» girò la cartina verso di noi «È stata effettuata dal Giappone.» ‹Dal Giappone?›
Fui io a chiederlo «E quelle fatte ad Ivan?»
«Non ci è stato possibile capire da dove provenissero, ma solo a dove arrivassero.»
In tutto il tempo che erano stati via, erano riusciti a recuperare solo questo.
«Siete stati bravi.» dissi.
Erano stati via per più di una settimana, a lavorarci probabilmente giorno e notte. Era stato un compito arduo, il loro, e si notava la stanchezza sui loro volti.
Andai a raccattare il pacchetto di sigarette sul divano.
«Solo una cosa non quadra.» sparò Carol ad una certa «Quella Sofia, che cosa ci fa quà nei paraggi?»
Io e Nicolas ci scambiammo uno sguardo complice.
Disse «Dobbiamo dirvi una cosa.»
E sganciò la bomba.
«Perchè non ne hai parlato con Jhon?» ‹Come?› -lo fulminai. Lui non doveva neanche essere quà a parere mio!-
Rosposi a Damon «Volevo prima parlarne con la mia gente.» fui autoritario.
Carol «Sì sì, okay. Andiamo avanti perfavore.» evitò l'inizio di una possibile discussione.
Nicolas alzò per andare a raccattare il foglio su cui avevamo scritto ciò di cui eravamo a conoscenza.
«Abbiamo fatto dei punti, sui suoi vecchi modi di muoversi, cosa farebbe e cosa non farebbe.» spiegò «Per poi metterli in concordanza.»
Ci rimasero ad ascoltare senza proferire parola.
«Vuoi spiegare tu?» mi chiese.
Presi in mano il discorso «I suoi movimenti sono sempre stati eccellenti, mai una mossa sbagliata che lo mandasse in avanscoperta fino all'ultimo. È sempre stato bravo con le sorprese. Le ha sempre amate. Ed ora? Manda uno dei suoi a farci chiaramente intendere che il colpevole è lui? Che è proprio lui che ci sta attaccando?»
Nicolas «No.» continuò «Perchè se così fosse, a quest'ora, ci starebbe davanti, e non dietro. Non agirebbe mai così. Ed io lo so bene.»
La nostra bionda fece un'osservazione «E Sofia sembra essere una che agisce per i fatti suoi e che pensa con la sua testa.»
Io «Esatto.» confermai la tesi «Non lascerebbe mai a briglie sciolte qualcuno, e quella tizia sembra una che non agisce come una marionetta nelle sue mani, ma con azioni proprie.»
Fu Damon a parlare, dopo aver ascoltato «Quindi chi cacchio sarebbe questo "re"?»
«È l'incognita più grande.» mi riappoggiai allo schienale nella sedia.
«E Claus che c'entra?» domandò ancora.
Nicolas allora disse «Non abbiamo escluso che lavorino insieme.»
«E se fosse stato catturato, invece?» Carol ebbe la nostra attenzione.
Nicolas «E a quale scopo?»
«Perchè ce l'ha con me.» conclusi.
Damon «Questo credo che sia piuttosto chiaro. Ma non solo con te, ha toccato anche Jhon, e ciò non ha senso.»
Carol si mise a pensare «Sarà stato un "effetto collaterale".» disse «In questo mondo niente è gratuito, ricordiamocelo. Se vuoi una cosa devi darne un'altra.»
«Anche questo è vero.» acconsentiì il biondo.
Nicolas picchiettò un dito sul tavolo in legno «È stato bravo coi metodi fino ad ora e sa come colpirti. Quindi forse Carol non ha tutti i torti a dire che ci sia lo zampino di Claus in tutto questo.»
«Probabile. Niente è da escludere.» commentai.
Damon chiese «E adesso? Come ci dovremmo muovere?» la sua fu una bella domanda.
«Non lo so.» distesi le sopracciglia con le dita «Ci penseremo domani, quando sarete più riposati.»
Mi alzai dalla sedia, lasciammo tutto sul tavolo. Damon raccattò le sue cose e si diresse alla porta.
Gli chiesi «Hai intenzione di fare ritorno in Texas?»
«No.» gli fuoriuscì un risolio «Andrò ad alloggiare nel solito hotel, dista solo ad un'ora da quà.»
«Rimarrai quà per 'sta notte.»
Nicolas e Carol si guardarono in giro, non convinti che fossi stato davvero io a proporglielo. E a dirla tutta quasi non ci credetti manco io.
«Ho acquistato tutto l'ultimo piano che comprende il nostro appartamento e quello di fronte, che è diviso solo dal breve corridoio che poi porta all'ascensore.» spiegai «Puoi prendere le chiavi, stanno là.» e dopo avergliele indicate, gli diedi le spalle.
«Grazie Jho–.. Aron.» si corresse.
Andammo tutti a dormire.
La notte, alle 03:00 del mattino, fui svegliato dal rumore di una pentola che cadde sul pavimento.
‹Nicolas.› -pensai con furia.- Mi diressi come un toro proprio nella cucina a vista ‹Se si azzarda a mettersi adesso dietro ai fornelli lo ammazzo.›
Accesi la luce «Cos'è, hai deciso di provare a darci fuoco durante la no–..»
Ma chi mi trovai davanti non fu Nicolas. Ma una ragazza, dai capelli stravaganti, che teneva i fogli fra le sue mani.
«Come-cazzo-hai-fatto-ad-entrare.» scandiì lento, con tono minaccioso. ‹Non è possibile che le abbiano fatto passare i controlli.›
Sofia «Segreti del mestiere.» rispose sornione.
Allungai la mano dietro di me, dove stava il comò, ma quando apriì il cassetto non ci trovai ciò che stavo cercando.
«Volevi questa?» mi sventolò la pistola davanti agli occhi.
‹Fottuta stronza.› -le urlai con lo sguardo.-
Cominciò a girare intorno al tavolo «Avete fatto proprio un bel lavoro, bravi.» ci stava facendo i complimenti per caso?
«Non toccare quei fogli.» le dissi a denti stretti.
Sofia mi lanciò uno sguardo annoiato «Altrimenti? Mi sparerai con la pistola che tieni sotto al secondo cuscino del divano?»
Come diamine faceva?!
«Vedi, non è che lo sapessi. Però di solito sono i punti più comuni.» spiegò.
Era brava. ‹Dannatamente, brava.› -dovetti ammettere a me stesso.-
Era furba, sapeva giocarsi il proprio tempo, improvvisare. Perfetta negli spostamenti e nei movimenti.
E mi ritrovai a chiederle «Da che razza di posto sei uscita fuori?»
Sorrise.
«Da uno specializzato in ogni tipo di arte di spionaggio e combattimento. Una scuola vera e propria, in cui puoi entrare dai 14'anni in poi e da cui esci col diploma solo ai 24.» fu quel che mi rispose.
«Quindi quanti anni avresti?»
Sofia sbuffò una risata «Io non ho mai finito quella scuola. Ai miei 18'anni, quando avrei dovuto scegliere con quale ramo continuare, sono stata notata per la mia bravura e mi hanno sbattuta direttamente sul campo.»
Non potei immaginare nulla di quel che mi stava dicendo. Io avevo sempre fatto parte del lato opposto, dove non c'erano mura ma strade. Dove non c'erano banchi, o lavagne, ma solo pugni e calci. E sangue. Non c'era un diploma, dopo, ma un reato. Una pena da scontare. Al posto di uscirne con le lacrime agli occhi per l'emozione, dalla mia parte, ci entravi mentre, qualcun'altro, forse, le versava per te.
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